Le lezioni di Chiodi al liceo classico Alfieri di Torino non erano solo lezioni di storia e filosofia. Entrava un professore che lasciava la porta aperta: tutto quello che c’era e c’era stato fuori, era in aula, e forse era la cosa più importante di cui parlare.
Interrogato di storia, mi chiese quale fosse a mio avviso la notizia più importante che avevo letto sul quotidiano del giorno prima. Silenzio, non avevo letto il giornale. «Vada pure a posto, l’interrogazione è finita». Che figura, che spavento. Allora non basta studiare storia: bisogna anche sapere cosa succede là fuori… e la cosa era impegnativa e difficile, perché al di fuori degli schemi consolidati cui ero abituato. Insomma, porte e finestre erano sempre aperte, entravano i fatti della vita e bisognava conoscerli e valutarli; non solo, ci si doveva impegnare – «s’engager», ci ripeteva. Tenere comportamenti corretti.
«Quando andate a prendere un gelato e vi sedete al tavolino, finito di mangiarlo non fate i furbi scappando senza pagare. Oltre al reato, chi pagherà questa bravata non sarà il padrone della gelateria, ma il garzone che vi ha portato lo scontrino. Magari un ragazzo che non ha avuto la fortuna di poter studiare come voi».
«Quando andate all’estero, in Svizzera, in Germania, in Francia, e chiedete una stanza per la notte, dite che vorreste fare subito una doccia, dimostrate che gli italiani sono un popolo civile e pulito». «L’Italia in tante classifiche ha dietro di sé solo Spagna, Grecia e Portogallo». La democrazia
«Interessatevi della politica, perché in ogni caso la politica si interesserà di voi, regolando con le leggi le vostre vite, oggi di studio domani di lavoro». «Non consegnate il potere politico ai militari, che non devono fare le scelte politiche; devono solo farle rispettare con l’uso della forza».
«Attenti alla mancanza di libertà politica: il fascismo appendeva con i ganci da macellaio chi non era d’accordo». «Quando non ci sarà più Tito, la Jugoslavia si spezzerà nel sangue».
La differenza di opinioni e la possibilità di un confronto è una ricchezza della società. Chiodi aveva il timore che la sua lotta antifascista potesse condizionarlo, anche inconsciamente, nel valutare l’alunno dichiaratamente fascista, e paradossalmente ci diceva che a lui avrebbe dato sempre mezzo punto in più.
Con Chiodi la filosofia era diventata la più bella materia, uno studio che incitava a capire i sensi del vivere, che poneva problemi attuali; era diventata una parte importante della vita.
Cosa direbbe Chiodi oggi, di fronte ai fatti del mondo…
Penso continuerebbe a dire di impegnarsi, di non rinunciare a lottare per la democrazia e per una maggiore giustizia sociale; di tenere le scelte politiche dentro la nostra vita; di escludere dalle decisioni politiche il potere militare. Difenderebbe la separazione dei poteri legislativo, esecutivo e giudiziario. Penso contrasterebbe ogni visione della politica assegnata a un partito unico, a un solo punto di vista, anticamera di regimi autoritari. Penso che lotterebbe per una giustizia sociale che non limiti le libertà politiche.
Pietro Chiodi è presente nella mia vita e lo ringrazio.